La società odierna la possiamo sicuramente definire come l’era dello stress, da quanto questo fenomeno è diffuso e sperimentato dalle persone. Basti pensare che una recente ricerca, effettuata dall’AISIC (Associazione Italiana contro lo Stress e l’Invecchiamento Cellulare) e dall’Università La Sapienza, ha rilevato che il 70% delle morti in Italia sarebbe dovuto a malattie causate da stress, e che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) lo ha inserito tra le 5 patologie a maggior impatto sociale.
Rispetto ai nostri simili di solo 100 anni fa siamo bombardati quotidianamente da 65000 stimoli in più: stimoli quali inquinamento atmosferico e acustico, radiazioni, eccesso di informazione (le notizie poi per la maggior parte sono nere), problemi legati al traffico, impegni, fretta, responsabilità, scene violente (anche solo il vederle in tv).
È per questo che sarebbe importante de urgente prendere provvedimenti che attenuino lo stress eccessivo e lo mantengano entro quei limiti in cui esso è vantaggioso e fonte di energia. Ma per arrivare a questo bisogna avere le idee chiare su cosa sia in realtà lo stress.
Cosa è lo stress?
Il termine stress è stato preso in prestito dalla fisica e veniva usato per indicare la forza che, agendo su un organismo, ne modifica le caratteristiche.
Il pioniere negli studi sullo stress è stato Hans Selye , biologo endocrinologo ungherese, che negli anni ’30 (1936), ne giunse alla scoperta, in modo del tutto casuale, effettuando tentativi di isolamento di un nuovo ormone sessuale, ed osservando che le cavie da laboratorio reagivano ai diversi stimoli nocivi ricevuti (temperature estreme, intossicazione da sostanze chimiche, traumi ecc.) allo stesso modo, in maniera aspecifica (diminuzione del volume del timo e dei linfonodi, ulcerazioni gastroduodenali, aumento delle ghiandole surrenali). Selye definì, quindi, lo stress come“la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, cui venga a esso sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso”.
Selye inoltre introdusse il concetto di “stressore” o “stressor”, cioè l’agente stressante, il fattore, l’evento, che attiva la reazione aspecifica dell’organismo e spinge quindi l’organismo all’adattamento.
Cosa avviene nel nostro organismo?
Quando siamo soggetti ad una situazione stressante la nostra corteccia cerebrale invia un segnale al sistema nervoso simpatico, comunicando di preparare il corpo all’azione immediata (per esempio, correre se ci troviamo di fronte a un animale pericoloso). Questa risposta, chiamata “reazione di attacco o fuga”, è un meccanismo ancestrale di difesa del nostro organismo che ci prepara all’azione grazie alla liberazione nel nostro organismo di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) e corticosteroidi (cortisolo).
Selye ha chiamato questi ormoni “adattivi” perché ci aiutano ad adattarci agli stressori; essi sono paragonabili all’olio che lubrifica il motore di una macchina, facendolo funzionare al meglio.
La sinergia dell’effetto di catecolamine e corticosteroidi concorre a caricare l’organismo nel migliore dei modi per far fronte agli agenti stressanti. In particolare le catecolamine fanno si che il cuore acceleri la sua attività, fornendo più sangue al cervello e ai muscoli; le arterie e le vene sotto la cute si restringono e il tempo di coagulazione del sangue si abbrevia, allontanando il pericolo di un’emorragia profusa in caso di ferita; la respirazione diventa rapida e profonda, procurando più ossigeno; le mucose delle prime vie aeree si prosciugano, facilitando il tragitto dell’aria verso i polmoni; la sudorazione aumenta, rinfrescando il corpo; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi ad un’azione rapida e vigorosa; la mente diventa molto vigile, afferrando ogni minimo indizio e affinando tutte le capacità intellettive. Le funzioni che potrebbero assorbire energie e disturbare questo stato di allerta, funzioni come il mangiare e il digerire, sono invece rallentate e sospese. Tutte queste modificazioni dovute alle catecolamine sono di breve durata e cessato l’allarme si torna rapidamente ai livelli normali. I problemi iniziano quando l’allarme continua nel tempo e l’attivazione è eccessiva.
I corticosteroidi invece stimolano il fegato a liberare nel sangue più zucchero; nel sangue vengono pure rilasciati più grassi e più amminoacidi, componenti delle proteine. Tutte queste sostanze sono una ottima fonte di energia, ma la loro produzione eccessiva dovuta ad uno stress forte e prolungato diventa dannosa: troppo zucchero può portare ad uno stato simile a quello del diabete, troppi grassi possono far aumentare il colesterolo e troppi amminoacidi possono ridurre la massa muscolare, assottigliando la cute e diminuendo di volume i tessuti linfoidi, portando ad un indebolimento delle difese immunitarie.
Questo meccanismo di “attacco o fuga” era certamente utile in passato, al tempo delle caverne, quando bisognava stare attenti ai grandi predatori e tutta questa eccitazione fisica aveva l’utile scopo di salvarci la vita e gli ormoni dello stress venivano consumati nel processo. Oggi però, nella vita moderna, i nostri stressors non sono leoni famelici, ma superiori che ci subissano di richieste, clienti difficili, divorzi sgradevoli ed esasperanti problemi economici. E dato che in tutti questi casi non possiamo combattere o scappare, come faceva l’uomo delle caverne, gli ormoni dello stress rimangono nel nostro corpo inutilizzati e, con il tempo, possono causare seri danni al nostro organismo.
Lo stress: una medaglia a due facce
È quindi evidente che lo stress è una medaglia a due facce: fino ad un certo livello, catecolamine e corticosteroidi danno tono all’organismo e alla psiche, preparando al lavoro e migliorando la qualità della vita: è lo stress benefico o “eustress”. Le ricerche dimostrano infatti che un grado ottimale di stress migliora lo stato di salute, rende meno sensibili alla monotonia e affina le capacità di attenzione, di concentrazione, di apprendimento, di memoria e di risoluzione creativa dei problemi. Lo stress quindi contenuto in determinati limiti è estremamente utile.
L’altra faccia della medaglia è che l’accumularsi di stimoli-stressori porta ad un’attivazione fisiologica e psichica eccessiva, imponendo all’organismo sforzi esagerati e innaturali; ciò porta dapprima ad un periodo di sopportazione-resistenza e più avanti ad un periodo di esaurimento, di logorio. Quando si entra in questa fase compaiono ansia, stanchezza, cefalea, tensione psichica e muscolare, e disturbi psicosomatici. Lo stato continuo di tensione, con l’azione protratta dei corticosteroidi, porta alla caduta delle difese immunitarie e quindi, col tempo, all’insorgenza di malattie: frequenti raffreddori e influenze, malattie infettive, gastriti e ulcere, ipertensione arteriosa, infarto cardiaco. A questo punto siamo quindi nella fase avanzata dello stress, quando i danni dello stress si manifestano con sintomi ben definiti e patologie specifiche.
In tutti questi casi quindi lo stress è qualcosa di nocivo ed è chiamato “distress”.
Che relazione c’è tra stress e somatizzazione?
Come abbiamo visto, la risposta allo stress implica il coinvolgimento di vari sistemi dell’organismo: muscoloscheletrico, cardiovascolare, nervoso, immunitario, gastrointestinale e neuroendocrino. E abbiamo anche visto che questa risposta è utile a breve termine, per far fronte a stimoli avversivi, ma può risultare dannosa se protratta a lungo nel tempo.
Infatti uno stressor intenso e prolungato nel tempo, percepito come fortemente significativo dal soggetto e difficile da fronteggiare, può comportare un’alterazione della risposta di adattamento ad esso e produrre un (di)stress cronico, portando allo sviluppo di sintomatologie psicofisiche e predisponendo all’insorgenza di malattie.
E dato che al giorno d’oggi abbiamo ritmi di vita sempre più veloci e quindi si moltiplicano i fattori di stress a cui ognuno di noi e sottoposto, ne consegue che anche le malattie psicosomatiche sono in netto aumento.
Ma cosa sono le malattie psicosomatiche?
La psicosomatica è la scienza che pone in relazione la mente con il corpo , ossia il mondo emozionale ed affettivo con il soma (corpo), occupandosi nello specifico di rilevare e capire l’influenza che l’emozione esercita sul corpo e le sue affezioni.
Le malattie psicosomatiche non sono altro che le risposte estreme dell’organismo a problematiche di natura affettiva ed emotiva e sotto pressioni di tipo socio-ambientale.
Nei disturbi psicosomatici si realizza uno dei meccanismi difensivi più arcaici: un disagio psichico trova espressione attraverso il corpo. In queste malattie l’ansia, la sofferenza, la depressione, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una “via di scarico” nel corpo.
La “somatizzazione” può essere quindi così definita come l’espressione di contenuti psichici in sintomi fisici.
Quali sono i bersagli corporei dello stress?
La Cross-National Study in Primary Care dell’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS) ha confermato l’alta prevalenza in tutto il mondo di disturbi psicosomatici e ha documentato la forte associazione tra depressione, ansia e disturbi somatici. I sintomi psicosomatici coinvolgono diversi sistemi e apparati corporei e forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di stress.
Gli apparati fisici colpiti dallo stress e i relativi disturbi psicosomatici associati (possono essere considerati malattie vere e proprie che comportano danni a livello organico e che sono causati o aggravati da fattori emozionali) sono:
- sistema cardiovascolare: si differenziano solitamente in disturbi minori (palpitazioni, aritmie, sensazioni dolorose, disturbi vasomotori ecc.) e disturbi maggiori, dove si ha un vero e proprio danno dei tessuti (cardiopatia ischemica ipertensione essenziale). Per questi ultimi, lo stress psichico continuo, unito ad alcune caratteristiche di personalità (tra cui forte competitività ed aggressività) sembra costituire il fattore predisponente alla cardiopatia ischemica, mentre un’eccessiva inibizione della propria aggressività potrebbe indurre cronici stati di ipertensione;
- sistema respiratorio: l’asma bronchiale caratterizzato da dispnea, tosse e respiro forzato presenta un’alta correlazione con cause di natura psichica, soprattutto in termini di stati d’ansia di intensità variabile;
- apparato gastroenterico: si può distinguere tra disturbi “psicogeni”, che presentano una eziologia puramente psichica (anoressia, bulimia) e disturbi “psicofisiologici”, in cui contenuti di natura psicoaffettiva vengono progressivamente somatizzati, producendo nel tempo sensazione di malessere ma anche lesioni strutturali dei tessuti organici. Tra i disturbi di questo secondo tipo troviamo numerose forme: gastriti, ulcera gastrica, coliti, disturbi dell’evacuazione, turbe intestinali, sindrome del colon irritabile, rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn. La componente psicologica in questi casi identifica, con determinate strutture di personalità, i soggetti che presentano simili disturbi, sulla base del collegamento tra sentimenti di collera e ostilità con ipersecrezioni gastriche e ipermotilità intestinale;
- sistema endocrino: l’iper e l’ipotiroidismo (collegati a un’alterazione dei livelli di ormone tiroideo), il morbo di Addison (insufficienza surrenalica con concomitanti stati depressivi e rallentamento psicomotorio), la sindrome di Cushing (iperstimolazione surrenalica con stati alternati depressivo-ansiosi) e lo stesso diabete (anche se in maniera indiretta e come conseguenza della ipoglicemia) figurano tra le malattie a connotazione psicosomatica;
- sistema immunitario: esperienze emotive collegate a sentimenti di perdita, abbandono, separazione e isolamento inciderebbero in maniera determinante su alcuni meccanismi di risposta anticorpale mediate da alcuni ormoni (ACTH).
- cute: il collegamento con le cause psicologiche sembra particolarmente frequente nelle dermatosi ricorrenti, dove il ruolo dei fattori emozionali inciderebbe sia nella genesi che nella cronicizzazione dei disturbi.
Con quali meccanismi la psiche influenza il soma (corpo)?
Inizialmente la psicosomatica fu molto influenzata dalle tesi psicoanalitiche di Freud e le malattie psicosomatiche venivano spiegate con la teoria psicoanalitica del “conflitto”, ad esempio: orticaria = espressione somatica dell’inibizione del pianto.
Oggi l’interpretazione psicoanalitica ha lasciato il posto al concetto di stress e di regolazione/disregolazione emotiva.
Infatti le ricerche hanno dimostrato che non è vero che le emozioni negative fanno male alla salute, esprimere emozioni negative è quindi benefico per l’organismo, quello che fa male alla salute è la non espressione delle stesse o un’espressione eccessiva, estrema , “incontrollata”.
L’elaborazione e la gestione dei propri vissuti emotivi è uno dei principali meccanismi individuali che influenzano la gestione dello stress in ogni soggetto. Infatti gli eventi stressanti sono di per sé altamente emotivi e, per questo, la capacità delle persone di regolare le emozioni può essere un fattore di grande importanza nel determinare la resilienza.
Ma cosa significa gestire le emozioni?
Saper gestire le proprie emozioni è un aspetto di quella che viene definita “intelligenza emotiva”, cioè quel tipo di intelligenza che implica la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni.
Sviluppare la propria intelligenza emotiva, e quindi un processo efficace di regolazione delle emozioni, significa:
- aumentare la consapevolezza delle proprie emozioni. Diventare consapevoli di alcune esperienze emozionali significa accedere alle informazioni che esse forniscono e alla comprensione delle azioni che da esse derivano. L’aumento della consapevolezza emotiva promuove la creazione di nuovi significati che aiutano le persone allo sviluppo di nuove narrative per spiegare la loro esperienza.
- imparare a regolare le proprie emozioni, ad aumentare le proprie capacità di auto-calmarsi, ad esempio regolando il battito cardiaco e il respiro, in modo di essere in grado di gestire le situazioni e i segnali di emergenza;
- imparare a trasformare l’emozione, cioè a trasformare uno stato non adattivo in uno adattivo. Trasformare l’emozione che si sta provando significa utilizzare un’altra esperienza emotiva per cambiare le sensazioni che vengono provate in un determinato contesto. Questo cambiamento è possibile attraverso degli esercizi di rilassamento o attraverso l’induzione di emozioni positive.
Per approfondimenti:
Stress e disturbi da somatizzazione, di A. Compare ed E. Grossi, ed. Springer;
Lo stress, di M. Farnè, ed. Il Mulino;
Psicologia biologica, di M. Rosenzweig, A. Leiman, S. Breedlove, ed. Ambrosiana;
Psicosomatica, di G. Trombini e F. Baldoni, ed. Il Mulino;
Tra mente e corpo, di L. Solano, ed. Raffaello Cortina Editore.