In queste settimane di Coronavirus tutti, chi più chi meno, stiamo sicuramente facendo i conti con un certo grado di preoccupazione, che in alcuni casi può anche prendere la forma e lo stato di ansia o addirittura panico. Questo non solo per la paura di un possibile contagio nostro o dei nostri cari, ma anche e soprattutto per le necessarie misure alle quali dobbiamo attenerci per uscire il prima e al meglio possibile da questa situazione. E il repentino cambiamento delle nostre abitudini, al quale siamo chiamati, richiede un altrettanto repentino adattamento. Ma non è sempre facile.
Alla preoccupazione per la salute propria e delle persone care e all’incertezza per il dopo emergenza, si aggiunge così il doversi velocemente adeguare ai cambiamenti che riguardano il lavoro e le abitudini quotidiane: non potere andare a trovare i genitori o i nonni per proteggerli da eventuali trasmissioni del virus, le restrizioni/sospensioni di movimento e di socializzazione (e quindi di libertà), il dover stare chiusi in casa da soli oppure in convivenza “forzata” con familiari e parenti. Tutto questo, già dopo pochi giorni dall’emanazione dell’ultimo decreto del Presidente del Consiglio, sta mettendo tutti a dura prova. Per non parlare delle persone che, già prima del coronavirus, soffrivano di ansia. Persone che hanno già delle fragilità psicologiche e che in questa situazione si possono accentuare, e persone che si possono sentire più sole.
Ma cosa è l’ansia?
L’ansia è un insieme di sensazioni di disagio e di tendenze ad agire che ci avvisa che sta avvenendo qualcosa di spiacevole e che dovremmo fare qualcosa per evitarlo. “Deriva dal desiderare qualcosa e percepire il pericolo di non ottenerla, o dal non desiderare qualcosa e percepire il pericolo di ottenerla.” (Che ansia!, di A. Ellis, ed. Erickson).
È quindi qualcosa di buono che serve a farci sopravvivere, perché se non avessimo alcun tipo di ansia, non ci preoccuperemmo di realizzare i nostri desideri e sopporteremmo anche cose sgradevoli, senza fare niente per contrastarli o sfuggirvi.
Questa appena descritta è l’ansia appropriata (la possiamo anche chiamare preoccupazione o prudenza) e ci preserva in vita, aiutandoci ad avere più di ciò che vogliamo e meno di ciò che non vogliamo.
Purtroppo ci sono altri tipi e gradi di ansia e spesso ci capita di sperimentare un’ansia inappropriata, cioè distruttiva e pericolosa, che ci porta ad auto-sabotarci. Il grado di ansia più inappropriata e sicuramente il panico.
L’ansia appropriata:
– ci da il controllo dei nostri sentimenti e ci aiuta a gestire le situazioni pericolose o difficili in modo efficiente;
– corrisponde alla cautela e alla vigilanza e scongiura potenziali danni;
– è quasi sempre basata su una paura realistica o razionale.
L’ansia inappropriata o il panico:
– ci fa perdere il controllo di noi stessi, facendoci reagire malamente (a volte in modo disastroso), di fronte ai rischi e ai problemi che incontriamo;
– assume la forma di panico, terrore, orrore, fobie, tremori, soffocamento, annebbiamento mentale e ogni tipo di disturbo fisico o psicosomatico;
– è quasi sempre basata su una paura non realistica o irrazionale e le paure inappropriate e irrazionali spesso portano con se enormi sentimenti di ansia quando in realtà il pericolo non sussiste o è minimo.
Come si fa a distinguere fra ansia appropriata e ansia inappropriata, fra paure razionali e irrazionali?
Confrontandosi con la realtà in modo obiettivo, cercando di non vedere le cose solo in bianco o nero (ma considerando che c’è anche il grigio) e avvalendosi delle statistiche e delle leggi della probabilità. Infatti le paure irrealistiche sono esagerate o iper-generalizzate e l’ansia irrealistica deriva quasi sempre da pensieri errati ed esagerati e spesso succede che invece di preoccuparci e basta, andiamo nel panico. E questo purtroppo interferisce con le nostre azioni, perché l’ansia che doveva proteggerci diventa, nel caso del panico, iper-protettiva, e quindi ci danneggia.
Tornando al Coronavirus, sicuramente è un problema oggettivo che diventa soggettivo in relazione al vissuto psicologico, alle emozioni e alle paure che questo tema suscita in ognuno di noi. E così può capitare che la percezione del rischio sia distorta e amplificata fino a diventare panico. E il panico, come già detto, ci danneggia perché porta a comportamenti meno razionali e ad un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo.
Faccio qualche esempio. Nessuno dei vari dpcm che si sono susseguiti ha fatto chiudere i negozi di generi alimentari. Anzi tra le poche uscite di casa concesse c’è proprio quella per andare a fare la spesa. Eppure le persone, spinte dall’ansia (panico) di non trovare più cibo, hanno preso d’assalto i supermercati per rifornirsi ossessivamente di scorte alimentari. E questo ha prodotto effetti negativi, come concentrare parecchie persone in spazi chiusi con la possibilità di favorire la diffusione del virus, oppure far mancare alcune merci (i gel disinfettanti per esempio) a chi non era corso subito al supermercato.
Altro esempio di comportamento irrazionale dovuto al panico è quello della corsa ad accaparrarsi le mascherine, con il risultato finale, che le mascherine sono finite nelle mani soprattutto dei sani (per i quali sono meno indicate), venendo a mancare per i malati (per i quali sono più utili per limitare il contagio). Anche in questo caso nessuna autorità sanitaria, che nel nostro Paese hanno preso e affrontato con serietà e competenza la situazione, aveva raccomandato a tutti i cittadini di procurarsi assolutamente le mascherine.
Questi comportamenti irrazionali e controproducenti sono figli di paure altrettanto irrazionali, che a loro volta derivano dal reagire ad un problema in modo impulsivo e senza confrontarsi in modo obiettivo e ponderato con la situazione reale. E reagire al problema Coronavirus in modo non impulsivo ma ponderato vuol dire, ad esempio, chiedersi ogni volta: “in questo momento sto seguendo le indicazioni che le autorità sanitarie mi hanno suggerito?” e cioè lavarsi le mani frequentemente, non toccare bocca e occhi prima di essersi igienizzati, non andare al Pronto Soccorso ma chiamare il numero dedicato nel caso di sintomi sospetti, rispettare le quarantene, ecc.
Cosa fare per gestire l’ansia da Coronavirus?
Per gestire l’ansia da Coronavirus sicuramente è importante:
– informarsi; è bene farlo affidandosi però ai dati e alle comunicazioni diffuse da fonti attendibili e ufficiali (ad esempio il Ministero della Salute e l’Istituto superiore della Sanità) ed evitando di farlo di continuo, poiché anche il sovraccarico di informazioni può generare ansia.
– ricordarsi che l’eventuale esposizione al virus non è sinonimo di malattia, che la contagiosità non equivale alla reale pericolosità per la salute umana, che esistono indicazioni pratiche per ridurre il pericolo.
– strutturarsi delle routine il più possibile simili alla vita prima della “quarantena” (ad esempio se dalle 15 alle 16 si andava in palestra fare nello stesso orario un’ora di ginnastica in casa).
– cogliere l’occasione per dedicare tempo a nuove attività o per riprendere e completare progetti abbandonati, nonostante fossero desiderati, perché non si aveva abbastanza tempo da potergli dedicare.
– utilizzare le nuove tecnologie e i social media per stare in contatto con parenti ed amici e non solo (insegnanti, psicologi, ecc.) in modo da evitare il senso di isolamento e solitudine.