Una delle più grandi controversie per i genitori è se i bambini debbano piangere da soli quando sono turbati, per imparare a consolarsi, o se debbano essere tenuti e amati così tanto da non dover mai piangere. La verità è che nessuno di questi estremi soddisfa i bisogni dei bambini emotivamente sovraccarichi.
Infatti , piangere da solo non insegna ad auto-calmarsi. Insegna che nessuno mi aiuterà quando ho bisogno di aiuto. Gli adulti che hanno difficoltà a condividere le loro emozioni o a chiedere aiuto sono stati spesso lasciati soli quando erano tristi o in altri tipi di stress emotivo.
D’altra parte, assicurarsi che un bambino non pianga mai, non è realistico o desiderabile. “Proteggere” i bambini dalle proprie emozioni può interferire con la loro capacità di farvi fronte quando quelle emozioni inevitabilmente sorgeranno e tu non sarai lì presente.
La tazza d’amore ed il secchio dei sentimenti
La “tazza d’amore” dei bambini è quel posto vuoto che deve essere riempito, riempito e riempito d’amore, ancora ed ancora, da un caregiver amorevole. Riempito con affetto fisico, parole gentili, comprensione emotiva e soddisfazione dei loro bisogni.
Ovviamente anche noi adulti abbiamo bisogno di riempire la nostra tazza, in modo da non essere prosciugati da tutte le ricariche che diamo.
Se è vero che è molto importante riempire la tazza d’amore dei bambini, è altrettanto importante riconoscere che spesso i bambini hanno bisogno di svuotare i loro “secchi dei sentimenti” prima di poter accettare le ricariche alle loro “tazze d’amore”.
Questa metafora del secchio ha il merito di rendere molto bene l’idea di quanto possa essere travolgente quel flusso di emozioni quando si riversa fuori, sia per i bambini che per i genitori.
Un secchio è troppo da tenere dentro e va svuotato prima che il bambino possa prendere qualsiasi altra cosa, anche l’amore. Non c’è da stupirsi che i bambini rifiutino i nostri “buoni consigli”, le nostre spiegazioni logiche e persino il nostro calore, quando i loro secchi sono troppo pieni.
“Gridare” vs. “Dai dai, non piangere”
Spesso i bambini piccoli hanno bisogno di versare qualche lacrima tra braccia amorevoli, o di andare in giro con rabbia in uno scoppio d’ira, prima di poter dormire o impegnarsi in attività costruttive. Devono rilasciare i turbamenti accumulati della giornata.
Tuttavia, i bambini non possono svuotare con successo i loro secchi da soli. Hanno bisogno della presenza premurosa di un adulto premuroso, consapevole ed amorevole. Quando i bambini vengono lasciati soli a provare una forte emozione, i loro ormoni dello stress aumentano perché si sentono insicuri e non protetti di fronte a dolorosi e spaventosi tumulti interiori. Questa risposta biologica aumenta l’intensità delle loro emozioni e rende più difficile per loro recuperare l’equilibrio emotivo.
D’altra parte, il “dai dai, non piangere” non consente al secchio dei sentimenti di svuotarsi. L’intenzione è il comfort, ma la corsa al comfort blocca il flusso sano che porta all’equilibrio, alla calma e alla felicità.
Il “dai dai, non piangere” si basa sull’illusione che i sentimenti che non si vedono siano spariti. Ma non è così: l’energia dei sentimenti inespressi logora e/o esplode. Inoltre, non tutti i messaggi “non piangere” hanno lo scopo di confortare e quando “non piangere” è una richiesta arrabbiata o viene fornita con una minaccia di punizione, allora i bambini devono affrontare ulteriori emozioni di paura e rabbia oltre ai sentimenti originali che erano già così forti.
Se i bambini possono piangere, fare i capricci o esprimere qualsiasi emozione con un adulto premuroso che li accetta così come sono, le emozioni fluiscono verso il completamento nel modo più sano. Il secchio viene svuotato. Il loro cervello rilascia sostanze chimiche che leniscono le emozioni negative e aumentano le emozioni positive.
Quindi la risoluzione della controversia “Gridare” vs. “Dai dai, non piangere” è lasciare che i bambini piangano, o abbiano scoppi d’ira, ma non da soli. Aiutandoli ad arrivare fino in fondo al secchio, dicendo ad esempio: “Vai avanti e piangi. Sono qui per stare con te”; e ancora, “C’è dell’altro? Dimmi tutto”. Il risultato è un senso di sicurezza emotiva: quando sarò con te so che non sarò sopraffatto dalla mia emozione, perché mi aiuterai a trovare il mio equilibrio.