Senti che avresti bisogno di andare da uno psicologo, ma ti senti un po’ spaesato o spaventato al riguardo? Ti chiedi: Come mi sentirò a raccontare i miei problemi ad uno sconosciuto? o E se non mi piace? e ancora Cosa mi succederà in terapia?
Questi sono pensieri comuni con i quali molte persone hanno a che fare quando si apprestano ad iniziare una terapia.
In effetti, siamo fin da piccoli abituati ad andare dal dottore e da altre figure sanitarie, mentre invece la figura dello Psicologo ci è per lo più sconosciuta, ed è quindi del tutto legittimo sentirsi un po’ intimoriti o disorientati nel cercare un aiuto professionale da uno psicologo. E questo, a volte, può essere scoraggiante.
Non è raro, infatti, che le persone che telefonano per fissare un primo appuntamento, mi chiedano: ma come funziona?
È legittimo chiederlo ed è doveroso da parte mia rispondere. Così, oggi, ti dirò 9 cose che, in quanto psicologa-psicoterapeuta, vorrei tu sapessi sul “come funziona”.
1. Chiedere aiuto è segno di resilienza
Al contrario di quanto spesso le persone pensano, andare in terapia non è segno di debolezza, ma è sintomo di resilienza. L’organizzazione mondiale della sanità inserisce la capacità di chiedere aiuto tra le skills necessarie per risolvere i problemi e promuovere il proprio benessere.
Prendere la decisione di chiamare o inviare un’e-mail per chiedere aiuto è il primo fondamentale passo verso lo “stare bene”.
2. Come funziona il primo incontro
Il primo incontro ha finalità prevalentemente conoscitive e di circoscrizione della problematica portata: ti chiederò la ragione per cui hai sentito il bisogno di chiedere aiuto e ti farò altre domande per avere una visione più chiara possibile del tuo vissuto.
Sentiti però libero di parlare di tutto quello che ritieni utile ed importante e di esprimere le emozioni che senti, perchè non c’è un modo giusto o sbagliato di “essere” nella stanza dello Psicologo. E’ importante che tu ti senta il più “comodo” possibile nella relazione terapeutica, perchè questo è un aspetto fondamentale per il buon esito della terapia stessa.
Alla fine dell’incontro ti restituirò alcune prime impressioni, ma generalmente occorrono più incontri (massimo 4) per definire e valutare la problematica portata e quindi il relativo percorso da fare insieme per affrontarla.
Inoltre ti fornirò alcune informazioni circa il mio modo di lavorare: durata delle sedute, la frequenza, la continuità, il costo, il trattamento dei dati da te forniti. Ti farò leggere, compilare e firmare un consenso informato.
3. All’inizio considerami in “prova”
Per il buon esito del percorso terapeutico è importante trovare un terapeuta con cui ti senti a tuo agio e con cui puoi relazionarti. Questo potrebbe richiedere alcuni tentativi ed errori, ma è importante che ti senta a tuo agio.
Quindi non mi offendo se pensi che io non sia la persona più adatta per te. Anche io stessa, se mi rendessi conto di non essere la persona e la professionista di cui hai bisogno non esiterei ad indirizzarti ad un collega che potrebbe essere più indicato per te.
4. La riservatezza è tutto
Lo psicologo, per legge, è tenuto a mantenere confidenziale tutto ciò di cui si parla. Ciò significa che non parlerò di te con i miei amici o familiari. Tutto ciò di cui parli rimane tra le mura della stanza della terapia. L’unico caso in cui un terapeuta può infrangere la riservatezza è se sei un pericolo per te stesso o per gli altri.
5. Non importa cosa mi dirai, non ti giudicherò (e probabilmente l’ho già sentito prima)
La stanza della terapia è un luogo sacro e sicuro. Posso promettere che non ti giudicherò per le cose che dici. Non solo perché ho sentito molto e molto poco mi sorprende, ma perché sono “addestrata” per questo.
Sono lì per ascoltarti senza giudicarti, ma questo non vuol dire che sono lì per essere sempre d’accordo con te. Può infatti capitare che io non sia d’accordo con alcuni dei tuoi comportamenti ed abitudini ed anche che li reputi sbagliati e/o pericolosi per te o per gli altri, ma questo non vorrà dire che reputi te sbagliato.
Sono lì per aiutarti e supportarti nel tuo percorso di cambiamento, per aiutarti a riconoscere e sviluppare sane e funzionali capacità di risoluzione dei problemi (capacità di coping).
6. Andare in terapia non significa che sei “pazzo” o “rotto”
Lo stigma associato all’andare dallo psicologo, fortunatamente, sta diminuendo sempre più; tuttavia, molti ancora lo associano ad essere “pazzi” o “instabili” o “deboli” e questo equivoco può essere un ostacolo alla terapia.
Così tante persone vengono in terapia pensando di essere difettose, pensando di essere dei “casi persi”, che i loro problemi non possono avere una soluzione.
Non ho una sfera di cristallo. Non posso prevedere il futuro.
Quello che ti posso assicurare è che farò del mio meglio, in scienza e coscienza, per aiutarti a stare meglio. La mia esperienza clinica mi suggerisce che la maggior parte delle persone che iniziano una psicoterapia, e che pensano di essere difettose ed irrecuperabili, se ne vanno, poi, con nuove capacità e una nuova prospettiva.
A volte il mio lavoro è mantenere la speranza per il tuo star meglio, quando te non riesci a farlo.
Non sei rotto. “Star meglio” non significa che ti stai “aggiustando”. Significa imparare a capire cosa è importante per te e a compiere passi significativi verso questa direzione.
Sei meraviglioso così come sei e puoi stare meglio.
7. Posso aiutarti solo se vuoi aiuto
Trovare uno psicologo e presentarsi alla prima seduta è un grande passo nella giusta direzione; tuttavia, sta a te metterti al lavoro e metterti “in gioco”, il che significa che dovrai aprirti al problema che ti fa star male, coinvolgerti attivamente nel processo terapeutico.
8. Potresti sentirti peggio prima di sentirti meglio
La maggior parte delle persone, quando iniziano una psicoterapia, hanno l’aspettativa di migliorare costantemente fino a quando non si sentiranno meglio. Purtroppo non è sempre così.
La strada della terapia non è lineare: ci sono alti e bassi, ci sono battute d’arresto, e a volte ci sono circostanze di vita inaspettate. Ma solo perché il tuo viaggio non è lineare, non lo rende meno utile.
Parlare di sentimenti sepolti, esperienze traumatiche passate ed identificare fattori scatenanti sconosciuti può essere doloroso all’inizio. Parlare di queste cose può far emergere emozioni negative che possono essere dolorose. Tuttavia, la terapia ha lo scopo di aiutarti a sviluppare abilità e fiducia per superare questi pensieri ed esperienze negative. Sebbene parlare dei tuoi problemi possa essere doloroso all’inizio, comincerai a sentirti meglio nel tempo.
A volte l’unica via d’uscita dal dolore è attraverso il dolore, perché più resisti al dolore, più lo combatti o cerchi di controllarlo o di evitarlo, e più il dolore acquisterà forza. Anche se sembra contro-intuitivo, riuscire ad aprirsi al dolore, ad accettarlo, è un presupposto fondamentale per poter stare meglio.
9. Non ti dirò cosa fare
Sono dalla tua parte e desidero che tu stia meglio: siamo una squadra ed il mio lavoro è camminare accanto a te ed aiutarti a muoverti verso i tuoi obiettivi .
Ma non posso fare il lavoro per te. Non posso decidere la direzione al posto tuo, non posso scegliere per te, non posso sostituirmi a te.
Posso mettermi nei tuoi panni, ma non sono te. Posso stare al tuo fianco qualsiasi decisione prenderai ed aiutarti ad affrontarla.
Sono fiduciosa che puoi farlo. Sarà dura e difficile, ma puoi farlo. E sarò lì con te a ricordartelo, se ne avrai bisogno.
Se vuoi approfondire e chiarirti meglio le idee su chi è lo psicologo e cosa fa, su chi non è e cosa non fa, vai qui
Quando qualcuno ti ascolta davvero senza giudicarti, senza cercare di prendersi la responsabilità per te, senza cercare di plasmarti, ti senti tremendamente bene. (C. R. Rogers)