Tu come stai? si chiedeva Claudio Baglioni in sua celebre canzone. Ed è la domanda che spesso vorremmo che ci fosse chiesta, ma che molto spesso non viene fatta e che purtroppo rivolgiamo poche volte anche a noi stessi. Anzi, siamo così poco abituati a porci questa domanda o a sentircela chiedere che, quando viene fatto, abbiamo molte difficoltà a rispondere. Questo perché non abbiamo sviluppato un “vocabolario emotivo” adeguato.
Come mai abbiamo un vocabolario emotivo poco sviluppato?
In famiglia e in generale nella società ci viene spesso passato il messaggio che dobbiamo essere orientati verso gli altri invece che essere in contatto con noi stessi, e finiamo così per rifugiarci nella nostra testa chiedendoci: Che cos’è che gli altri pensano che sia giusto che io dica e faccia?
Anche a scuola a volte i sentimenti non sono ritenuti importanti e non viene chiesto mai agli alunni come si sentono. Viceversa, quello che viene ritenuto importante, quello che conta, è “il modo giusto di pensare”. Quindi finiamo con avere un vocabolario molto sviluppato per etichettare le altre persone (o noi stessi), mentre quello per descrivere chiaramente il nostro stato emotivo rimane piuttosto scarno e limitato.
Lo psicologo statunitense Marshall Rosenberg, padre della Comunicazione Non Violenta, sosteneva che per risolvere i conflitti è utile esprimere la propria vulnerabilità. Nella CNV da lui sviluppata infatti, mentre la prima componente consiste nell’osservare senza valutare (ne ho parlato qui), la seconda consiste nell’esprimere come ci sentiamo.
Rosenberg però sottolineava anche che siamo così poco abituati ad esprimere i nostri sentimenti, che spesso pensiamo di esprimerli, mentre invece stiamo solo esprimendo delle opinioni. Ad esempio, se diciamo “sento che non è giusto ascoltare la musica a volume così alto”, dato che facciamo seguire alla parola “sentire” la parola “che”, stiamo esprimendo un’opinione, invece di esprimere come ci sentiamo.
Come si esprimono (correttamente) i sentimenti?
Rosenberg mette anche in evidenza che dobbiamo fare attenzione a distinguere tra l’espressione dei sentimenti veri e propri da quelle parole e quelle affermazioni che invece descrivono pensieri, considerazioni ed interpretazioni.
Ad esempio, molto spesso abbiamo l’abitudine linguistica di utilizzare la parola sentire senza in realtà esprimere un sentimento. Se prendiamo la frase “sento di non aver fatto un buon affare”, ci accorgiamo che potremmo benissimo sostituire “sento” con “penso”. Anzi non è sempre necessario usare il verbo “sentire” per esprimere un sentimento, ad esempio, se siamo irritati possiamo semplicemente dire “sono irritato”.
In generale non esprimiamo in modo chiaro i nostri sentimenti quando il verbo sentire è seguito da:
– le parole che, di, come se: “sento che dovresti saperne di più”; “sento di essere un fallimento”; “mi sento come se vivessi con un muro”;
– i pronomi personali io, tu, lui, lei, voi, loro: “sento che (io) sono sempre in servizio”; “sento che (lui) è inutile”;
– nomi riferiti a persone: “sento che Giovanna è stata molto irresponsabile”; “sento che il mio capo si comporta da manipolatore”.
Inoltre è importante porre attenzione nel distinguere tra ciò che sentiamo e ciò che pensiamo di essere.
Ad esempio, se dico (o penso) “mi sento incapace come chitarrista”, non sto esprimendo con chiarezza un mio sentimento, ma sto valutando la mia abilità come chitarrista.
Viceversa, esprimo i mie sentimenti se dico (o penso) ad esempio: “mi sento insoddisfatto di me come chitarrista” ; “mi sento impaziente di progredire come chitarrista”; “mi sento frustrato come chitarrista”.
Nella prima frase, infatti, mi sto solo valutando incapace come chitarrista, sto cioè descrivendo come penso di essere, mentre nelle altre espressioni sto finalmente esprimendo il sentimento (insoddisfazione, o impazienza, o frustrazione, ecc.) che è nascosto dietro la mia valutazione.
Infine è importante anche prestare attenzione a distinguere tra ciò che sentiamo e come pensiamo che gli altri reagiscano o si comportino verso di noi.
Nella frase “mi sento poco importante agli occhi delle persone con cui lavoro”, non sto esprimendo come mi sento, ma sto descrivendo come penso che gli altri mi giudichino (poco importante). Dietro a questo pensiero c’è però nascosto uno o più sentimenti, come ad esempio la tristezza (“mi sento triste”, oppure “mi sento demoralizzato”).
Anche nelle espressioni “mi sento frainteso”, e “mi sento ignorato” non sto esprimendo in modo chiaro i miei sentimenti ma:
– nel primo caso, con la parola “frainteso” sto valutando quanto l’altra persona mi ha compreso (poco). E questa valutazione mi potrebbe far sentire ansioso o infastidito (o qualche altro sentimento).
– nel secondo caso, con la parola “ignorato” sto interpretando le azioni degli altri. Dietro questa mia interpretazione si potrebbero nascondere ad esempio rabbia o tristezza. Altre parole di questo tipo sono: abbandonato, attaccato, costretto, frainteso, imbrogliato, interrotto, manipolato, minacciato, non ascoltato, non voluto, provocato, rifiutato, tradito, umiliato, usato, emarginato, ecc.
L’importanza di sviluppare un vocabolario di sentimenti
Per esprimere le nostre emozioni con chiarezza e specificità è inoltre fondamentale sviluppare un ricco vocabolario di sentimenti, che ci aiuti a connetterci più facilmente con le altre persone. Viceversa, se per esprimere come ci sentiamo utilizziamo parole troppo vaghe o generiche, come “bene” o “male”, non aiutiamo, o addirittura impediamo, al nostro interlocutore di connettersi facilmente con i sentimenti che stiamo davvero provando.
Ecco una lista di sentimenti che ti può essere utile per costruirti il tuo vocabolario dei sentimenti.
Sentimenti che possiamo provare quando i nostri bisogni sono soddisfatti
a mio agio, affascinato, affettuoso, agitato, allegro, amichevole, ammaliato, amorevole, appagato, appassionato, assorto, attento, audace, beato, bendisposto, brillante, brioso, calmo, caloroso, coinvolto, commosso, compiaciuto, contento, curioso, deliziato, di buon umore, divertito, eccitato, elettrizzato, emozionato, entusiasta, estasiato, esuberante, esultante, felice, festoso, fiducioso, frizzante, gioioso, giubilante, grato, immerso, impaziente, impressionato, in armonia, in attesa, in pace, incantato, incoraggiato, incuriosito, intenerito, interessato, ispirato, libero, lieto, meravigliato, orgoglioso, ottimista, pacifico, pieno di ammirazione, pieno di energia, placido, raggiante, rallegrato, rapito, rasserenato, riconoscente, rilassato, ristorato, risvegliato, sensibile, senza fiato, sereno, sfavillante, sicuro, soddisfatto, sollevato, sorpreso, spensierato, speranzoso, stregato, stupito, toccato, tranquillo, vigile, vivace.
Sentimenti che possiamo provare quando i nostri bisogni NON sono soddisfatti
a disagio, abbattuto, addolorato, adirato, affaticato, afflitto, affranto, agitato, allarmato, amareggiato, angosciato, annoiato, ansioso, apatico, arrabbiato, atterrito, attonito, avverso, avvilito, colpevole, confuso, contrariato, costernato, cupo, deluso, demoralizzato, depresso, di malumore, diffidente, disgustato, disilluso, disinteressato, disperato, dispiaciuto, distaccato, dolente, dubbioso, esasperato, esausto, fiacco, freddo, frustrato, furibondo, furioso, geloso, imbarazzato, impacciato, impaurito, impaziente, impensierito, impotente, inappagato, inasprito, incerto, incontrollabile, incurante, indifeso, indifferente, inerme, infastidito, infelice, infervorato, inorridito, inquieto, insensibile, insicuro, insoddisfatto, invidioso, iracondo, irrequieto, irritabile, irritato, letargico, malinconico, mesto, nervoso, ostile, pensieroso, perplesso, perso d’animo, pessimista, preoccupato, raccapricciato, rammaricato, rattristato, reticente, riluttante, risentito, sbigottito, scettico, scioccato, scocciato, sconsolato, scontento, sconvolto, scoraggiato, scosso, seccato, senza energia, sfiduciato, sfinito, sgomento, snervato, solo, sopraffatto, sorpreso, sospettoso, spaventato, stanco, stordito, straziato, stressato, stufo, suscettibile, svogliato, teso, tetro, timoroso, titubante, triste, turbato, vergognoso.
Per approfondimenti:
Le parole sono finestre (oppure muri) di M. B. Rosenberg, ed. Esserci