Pillole di comunicazione #1

La leggenda narra che Federico II di Svezia, imperatore del Sacro Romano Impero e nipote del famoso Federico Barbarossa, fosse ossessionato dal voler scoprire se esistesse un linguaggio “naturale” e quale fosse. Siamo circa nel 1200 e questo eccentrico signore, chiamato anche “stupor mundi” proprio per la sua personalità poliedrica e per la sua grande curiosità intellettuale (si interessava ed era conoscitore della filosofia, dell’astrologia, di matematica, algebra, medicina, scienze naturali e pare inoltre parlasse 9 lingue e scrivesse in sette) volle organizzare un bizzarro e brutale esperimento. Ordinò che 30 neonati fossero chiusi in una stanza e ricevessero la migliore cura del tempo, ad una condizione però: le balie che si sarebbero prese cura dei bambini non avrebbero dovuto mai, in nessun caso, parlare con loro o stabilire alcun tipo di comportamento che potesse essere interpretato emotivamente. Lo scopo era quello di scoprire quale linguaggio avrebbero sviluppato spontaneamente i bambini non avendo ricevuto alcuna influenza umana. Federico supponeva che i bambini avrebbero spontaneamente iniziato a parlare l’ebraico, ma il risultato dell’esperimento però fu tutt’altro: tutti i bambini morirono e nessuno riuscì a raggiungere i 3 anni.

La storia che ho appena raccontato non era che una premessa evocativa per affermare l’importanza della comunicazione: siamo “animali sociali” e in quanto tali comunicare è fondamentale e necessario per la nostra stessa sopravvivenza. Saper comunicare “bene” è una competenza cruciale da possedere e sviluppare e lo possiamo constatare quotidianamente nei nostri rapporti interpersonali, sia che essi siano di tipo personale che lavorativo. Quindi risulta altrettanto cruciale essere consapevoli di quando, cosa e come comunichiamo.

Ma partiamo dal primo interrogativo e cioè: quando comunichiamo? La risposta è semplice: sempre.

1mo assioma della comunicazione: NON si può NON comunicare

Nel 1967 Paul Watzlawick e altri esponenti della Scuola di Palo Alto (California) pubblicarono il libro “Pragmatica della comunicazione umana“, nel quale esposero i risultati dei loro studi nel campo della comunicazione interpersonale. In particolare elaborarono 5 assiomi della comunicazione, cioè 5 verità evidenti (regole) sempre presenti in una comunicazione.

Il 1mo assioma è “non si può non comunicare”: anche quando siamo fermi e in silenzio comunichiamo qualcosa; ogni gesto, ogni comportamento, sia volontario che involontario, è comunicazione. Anche l’assenza del gesto è comunicazione.

Questo assioma ci dice qualcosa di molto importante: dato che quando siamo in presenza di un’altra persona è impossibile non comunicare, è fondamentale essere consapevoli di come e cosa comunichiamo, anche e soprattutto quando non lo facciamo volontariamente.

Chiarito il primo questito (quando comunichiamo), passiamo ora agli altri due, cosa e come comunichiamo.

2do assioma della comunicazione: ogni comunicazione ha un aspetto di CONTENUTO ed un aspetto di RELAZIONE

Eccoci arrivati al COSA comunichiamo, il contenuto della comunicazione, ed al COME comunichiamo, gli aspetti relazionali.

Quando parliamo con un’altra persona è importante essere consapevoli di quello che stiamo comunicando. A questo fine è utile sapere che il messaggio che stiamo trasmettendo all’altro non coincide esattamente con il suo contenuto, ma è influenzato dalla natura della relazione esistente con l’altro o di quella che vorremmo instaurare. Schematicamente possiamo affermare che: comunicazione = contenuto + relazione.

Cercando di essere più chiara: quello che diciamo, il significato di COSA comunichiamo, cambia a seconda di COME lo diciamo. Ad esempio, dire: “passami subito il sale” è diverso da dire: “mi passeresti per favore il sale“. Anche se il contenuto, il COSA comunichiamo, è esattamente lo stesso in entrambe le richieste, quello che cambia e che fa interpretare in modo molto diverso il messaggio, è il COME viene comunicato e cioè l’aspetto relazionale sottostante: nel primo caso (“passami subito il sale“) la relazione sottesa è di dominio-sottomissione, nel secondo caso invece (“mi passeresti per favore il sale“) è paritetica e di collaborazione.

Ogni contenuto esplicito ne contiene un altro implicito, che si riferisce alla relazione tra gli interlocutori e al modo in cui ognuno vede se stesso, l’altro e la relazione in atto. Quindi di qualunque COSA si stia parlando, si sta parlando anche della RELAZIONE in essere con se stessi e con l’altra persona.

Essere consapevoli di COSA e COME comunichiamo per evitare conflitti

Spesso quando litighiamo e abbiamo un conflitto con un’altra persona, crediamo che tale conflitto dipenda dall’avere un disaccordo sul contenuto, ma in realtà la maggior parte delle volte la “colpa” va ricercata proprio nella parte relazionale del messaggio. Il problema è che la componente relazionale della comunicazione è per lo più implicita e spesso quindi ne abbiamo poca consapevolezza. Quindi quello che succede è che stiamo litigando per il tipo di relazione che pensiamo o vogliamo avere con l’altro (spesso i conflitti riguardano la dimensione del potere nella relazione), ma pensiamo che il disaccordo sia sul piano dei contenuti.

Il problema è che essere in disaccordo sul contenuto ma avere una buona sintonia relazionale con l’altro, non è uguale ad avere un conflitto sul piano relazionale ma pensarla alla stessa maniera riguardo al contenuto. Le ricerche mostrano infatti che è più facile trovare un’ intesa nel primo caso (quando cioè si è in disaccordo sul contenuto ma in sintonia relazionale), perché si accetterà di avere opinioni diverse. Quando invece il problema è sul piano della relazione la cosa diventa più complicata, anche perché questo è un piano per lo più implicito e quindi spesso inconsapevole o non facile da riconoscere. Infatti quello che succede è che il disaccordo sul piano relazionale viene manifestato con un disaccordo sui contenuti e i due contendenti discutono in modo acceso  come se avessero opinioni diverse, non si ascoltano, non si capiscono, ma in realtà dicono la stessa cosa.

3zo assioma: la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i partecipanti

Il terzo assioma spiega che l’interazione tra due persone che comunicano è una sequenza di scambi di messaggi tra i comunicanti e che il modo di interpretare una comunicazione dipende da come viene punteggiata (o ordinata) la sequenza delle comunicazioni fatte: a seconda della “punteggiatura” usata, cambia il significato dato alla comunicazione e alla relazione.

Prendiamo ad esempio una tipica dinamica di coppia in cui uno si chiude in se stesso e non parla e l’altro lo critica, esprimendo il proprio malcontento con toni aspri. Il primo potrebbe dire che si chiude perché l’altro lo critica aspramente, e il secondo potrebbe ribattere che lo fa perché lui si chiude.

La comunicazione comprende diverse versioni della realtà, che si creano e modificano durante l’interazione tra più individui. Ogni persona che entra in relazione con un’altra ci entra con il proprio punto di vista, con la propria versione della realtà, e a livello comunicativo esprimerà questo suo punto di vista con un certo tipo di punteggiatura.

4rto assioma: le comunicazioni possono essere di due tipi, analogiche e digitali

La comunicazione analogica si basa sulla somiglianza (analogia) tra la comunicazione in essere e l’oggetto della comunicazione. Questo tipo di comunicazione comprende la comunicazione non verbale (postura, gesti, espressione del volto, tono di voce e ritmo, prossemica) e l’utilizzo di immagini. Ad esempio, se incrocio le braccia sul petto sto comunicando, per analogia, una chiusura. Con essa esprimiamo prevalentemente aspetti di tipo relazionale ed emotivo.

La comunicazione digitale, invece, riguarda l’uso delle parole, cioè dei segni usati convenzionalmente per indicare qualcosa, e la utilizziamo prevalentemente per comunicare contenuti. Quello che caratterizza questo tipo di comunicazione è l’arbitrarietà tra le parole e ciò che rappresentano: ad esempio, l’unione delle lettere c-a-s-a riproducono nella nostra mente l’immagine di una casa, ma non esiste un’analogia strutturale tra una casa reale e la sequenza delle lettere c-a-s-a. E’ una parola scelta convenzionalmente: ci viene in mente una casa perchè questo è il risultato di una convenzione fissata nella nostra lingua.

Le due modalità di comunicazione, analogica e digitale, sono complementari tra loro e la congruenza tra i due sistemi è un elemento a cui facciamo continuamente riferimento nel corso delle nostre interazioni con gli altri. Infatti quando il messaggio verbale viene accompagnato da un comportamento non verbale incongruo, siamo portati a dubitare di ciò che viene detto.

5nto e ultimo assioma: le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico o complementare

La differenza tra questi due tipi di comunicazione dipende da se gli scambi comunicativi sono basati sull’uguaglianza o sulla differenza. Una interazione simmetrica avviene fra interlocutori che si considerano sullo stesso piano e di pari livello: nessuno sembra voler prevalere o essere subordinato all’altro, come generalmente avviene tra amici o colleghi. Mentre uno scambio complementare si instaura quando gli interlocutori non si considerano sullo stesso piano, ed uno dei due si pone in una posizione superiore e l’altro subordinata, come generalmente avviene tra dipendenti e superiori, o tra genitori e figlio.

È importante non commettere l’errore di pensare che una delle due modalità comunicative sopra descritte, simmetrica/complementare, sia migliore dell’altra, o peggio, una “buona” e l’altra “cattiva”.  L’assunzione di una o dell’altra modalità di interazione può dipendere semplicemente dal contesto culturale o sociale. E quello che può essere invece controproducente è l’irrigidimento in una sola di queste modalità comunicative.

Riassumendo

Quando siamo in presenza di un’altra persona è impossibile non comunicare, quindi diventa cruciale saper comunicare “bene”. Per comunicare “bene” :

  • è innanzitutto fondamentale essere consapevoli di COSA e COME comunichiamo perchè il modo in cui trasmettiamo il nostro messaggio non è neutrale ma va a determinare il significato stesso di quello che stiamo dicendo.
  • COME comunichiamo è strettamente legato a chi siamo e alla relazione che abbiamo con noi stessi e con l’Altro.
  • spesso alla base dei conflitti interpersonali c’è una problematica di tipo relazionale (riguardante principalmente la dimensione del potere nella relazione), ma il più delle volte pensiamo che il disaccordo sia sul piano dei contenuti della comunicazione. Quindi è importante esserne consapevoli per capire come risolvere positivamente il conflitto.

Riferimenti

Pragmatica della comunicazione umana, di Watzlawick P., Beavin J. H., Jackson D. D., ed. Astrolabio (1971)

Comunicare in modo etico. Un manuale per costruire relazioni efficaci, di M. T. Giannelli, ed. Cortina Raffaello.