Ansia, rabbia e altri sentimenti che mettono in crisi dopo il parto
Ansia, rabbia, solitudine e paura sono alcuni degli stati d’animo negativi con cui le neo-mamme si trovano presto a doversi confrontare, spesso impreparate, dopo la nascita del proprio figlio.
Sono da poco diventata mamma e sto sperimentando in prima persona quanto a volte può essere faticosa questa nuova identità a cui approdiamo dopo i nove mesi di gravidanza.
Quindi in questo articolo ho deciso di condividere con voi 5 regole fondamentali per affrontare questo turbinio di sentimenti senza farsene sopraffare.
1ma regola: la mamma perfetta non esiste
Durante la gravidanza, ma anche prima, quando si progetta di avere dei figli, ci costruiamo nella nostra mente una grande idealizzazione dell’esperienza di essere genitore e ce la immaginiamo solo nei suoi aspetti gratificanti e felici, tralasciando la frustrazione, la stanchezza, le notti insonni ed i pensieri ostili e distruttivi che caratterizzano parimenti questa esperienza. In questa fase di idealizzazione noi ci raffiguriamo solamente l’immagine di un figlio sorridente e felice con una mamma sorridente e felice.
Scherzando si potrebbe dire che il ruolo del genitore è così faticoso, e a volte frustrante, che molto probabilmente se non ci fosse questa idealizzazione iniziale si metterebbero al mondo ancora meno figli di quanto si faccia.
Questa idealizzazione non riguarda soltanto il bambino, che sarà bello, buono, bravo, sano e dormirà e mangerà tranquillamente, ma anche noi come mamme: saremo naturalmente un po’ stanche, ma soddisfatte, felici, sempre disponibili e infaticabili, ma più efficienti di prima. Insomma un quadretto da “famiglia del mulino bianco”. Poi il bambino nasce e si verificano anche altre esperienze, impreviste e difficili da tollerare: niente è più sotto controllo. Il bambino non dorme di notte, piange in modo inconsolabile senza che si capisca il perché, non mangia, non fa la cacca, non tollera il latte, ha le coliche gassose, non si sa cosa fare e comincia l’esperienza faticosissima di sentirsi impotenti, stanchi impreparati e senza manuale per le istruzioni.
E succede che quando tutto questo (il ruolo materno) lo affrontiamo con un’altissima aspettativa su noi stesse, quella della perfezione, inevitabilmente finiremo per sentirci fallite e conseguentemente sole.
La mamma perfetta non esiste, e anzi è proprio questa “mamma da pubblicità televisiva” quella che inconsapevolmente fa soffrire maggiormente i figli senza saperlo e volerlo, poiché:
– riuscirà difficilmente ad entrare in sintonia con i bisogni reali del bimbo piccolo, caricando anche lui di un’inevitabile aspettativa di perfezione che lo danneggerà;
– è proprio la “mamma perfetta” che corre maggiormente il rischio di trasformarsi in “strega cattiva” nei momenti di esasperazione, proprio per la frustrazione di non essere all’altezza di un modello così irreale per sé. E questo confonde e destabilizza i bambini che finiscono per ritrovarsi in certi momenti spaventati e nella necessità di doversi difendere da chi li dovrebbe proteggere.
2da regola: non si può fare tutto da sole.
Non lo sostengo io, ma il ben più autorevole “padre della teoria dell’attaccamento” Bowlby, il quale appunto sostiene che “occuparsi di neonati e bambini non è un lavoro per una persona singola. Se il lavoro deve essere fatto bene e se si vuole che la persona che si occupa del bambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve a sua volta ricevere molta assistenza, dall’altro genitore, o dai nonni”. È importante quindi farsi aiutare e prendersi tempo e cura di se stesse. Il bisogno di una mamma di essere ascoltata, amata, capita non è certamente meno importante di quello del figlio. Perché per far star bene il proprio bambino è fondamentale stare bene per prima cosa noi stesse.
3za regola: rassegnatevi all’invadenza dei nonni, non riescono a fare diversamente!
I parenti e i nonni in particolare se da un lato danno un aiuto fondamentale nella cura e gestione dei bambini, dall’altro però spesso sono anche una grande fonte di nervosismo per la neo-mamma perché nelle difficoltà non mancano di elargire consigli e giudizi, assolutamente non richiesti, che invece di aiutare il più delle volte finiscono con il creare ancora più difficoltà.
Infatti questo aiuto “invadente” da parte dei nonni tende a far sentire i neo-genitori intrappolati nuovamente in una dipendenza da cui si erano più o meno recentemente sganciati. E se questo loro vissuto non viene capito dai nonni, questi a loro volta si sentiranno frustrati e non riconosciuti nei loro sforzi e nella loro devozione verso i nipotini.
Si crea così una situazione in cui tutti quanti si sentono intrappolati e presi in ostaggio gli uni dagli altri: i genitori perché hanno bisogno dell’aiuto dei nonni ed i nonni perché devono a loro volta adattarsi a tutte le richieste dei genitori per paura di poter essere privati del rapporto con i nipotini. E si finisce con lo stare male in tanti senza che nessuno ne abbia colpa.
Quello quindi che si può fare in queste circostanze è essere emotivamente consapevoli dell’inevitabilità di questa dinamica che è il più delle volte involontaria. Se genitori e nonni riuscissero a non viversi reciprocamente come invasivi o ingrati, oltre a soffrire meno loro stessi, consentirebbero ai bambini di non sentirsi al centro di un conflitto di lealtà tra genitori che amano appassionatamente e nonni che amano altrettanto teneramente.
4ta regola: l’arrivo di un figlio richiede di trovare nuovi equilibri di coppia
La nascita di un figlio è una bella rivoluzione per i genitori, sia personalmente perché si devono calare in una nuova identità, quella appunto di genitori, sia come coppia. L’arrivo di un figlio infatti mette alla prova anche gli equilibri più collaudati e chi si aspettava che un figlio unisse maggiormente, spesso si trova a dover constatare che è vero anche il contrario e cioè che la nascita di un figlio può mettere a dura prova la tenuta di coppia e dividerla.
Infatti l’arrivo del piccolo rivoluziona inevitabilmente giornate, abitudini, ritmi e priorità e questi cambiamenti, uniti alla grande stanchezza, sono spesso motivo di attrito. Aggiungiamoci poi le discussioni per le invasioni di campo dei nonni, le differenze di veduta nella gestione del piccolo e la riduzione, se non mancanza totale, di intimità tra i partner e abbiamo un mix altamente esplosivo che rischia di far saltare la coppia.
La nascita di un figlio impone quindi alla coppia di sapersi trasformare, di costruire un equilibrio nuovo, ma ovviamente questo non è facile e tantomeno immediato: richiede del tempo e come tutte le cose ci si riesce per tentativi ed errori. È per questo che spesso il periodo dopo la nascita di un figlio è quello più a rischio di separazione per la coppia. Per non arrivare a questa estrema conseguenza occorre che i partner non perdano l’abitudine di parlare tra loro di quello che sentono, delle fatiche ma anche delle gioie, sostenendosi vicendevolmente e facendo squadra. Inoltre nonostante la grande stanchezza e la mancanza di tempo “libero”, occorre riuscire a preservare un po’ di intimità, un po’ di tempo per prendersi cura di se stessi come coppia.
5ta regola: fare gruppo con altre neo-mamme
Durante la gravidanza molto probabilmente vi sarà proposto, o sentirete voi l’esigenza, di partecipare ad un corso di preparazione alla nascita. A Firenze e provincia generalmente i vari consultori di zona e i punti nascita organizzano gratuitamente ognuno un proprio corso. Se vi state chiedendo a cosa servono questi corsi, la risposta più semplice è che servono ad informare la futura mamma su tutto quello che concerne la gravidanza, il parto e il post-parto: dall’alimentazione all’allattamento, a tutto quello che riguarda la cura del bambino. Ma in realtà secondo me l’utilità maggiore che si trae da partecipare a questi corsi è quella di fare rete, creare un gruppo di condivisione e sostegno tra future mamme. Nella mia personale esperienza infatti, da quando al primo incontro l’ostetrica che teneva il corso ci consigliò, per agevolare le comunicazioni di servizio, di creare un gruppo WhatsApp tra noi partecipanti, il gruppo si è rivelato molto utile: non solo per scambiarci informazioni, consigli di tipo pratico durante la gravidanza e dopo la nascita dei bambini, ma anche e soprattutto per condividere dubbi, paure, ansie, gioie, rabbie e fare tante tante risate. Risate, solidarietà e aiuto reciproco. Questa è l’utilità di creare un gruppo tra neo-mamme. Sapere che c’è il gruppo serve a sentirsi meno sole, ad alleggerire giornate che a volte sembrano interminabili e soffocanti, a confrontarsi su situazioni di carattere pratico (dai vaccini alla crosta lattea, dalle posizioni per l’allattamento al tipo di latte artificiale usato, dai lavaggi nasali alle coliche gassose) e a sentirsi capite e accolte in quei momenti di difficoltà emotiva che si sperimenta quando le cose non vanno e si fatica a capirne il motivo e magari sale la vergogna di non saper “fare bene” la mamma, la paura perenne di sbagliare e l’ansia di rimediare.
Un ultimo consiglio
Se le regole sopra descritte non ti sono d’aiuto e non riesci da sola a gestire efficacemente la rabbia, la paura, l’ansia o il senso di solitudine sperimentati, potrebbe essere utile rivolgersi ad un professionista, psicologo o psicoterapeuta, in grado di aiutarti.