La nostra è certamente l’era dello stress. “Stress: l’epidemia mondiale del ventesimo secolo” è l’allarme lanciato nel 1998 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). E nel ventunesimo secolo le cose non sono certo migliorate, dato che sempre l’OMS lo ha inserito tra le 5 patologie a maggior impatto sociale.
Rispetto ai nostri simili di solo 100 anni fa siamo bombardati quotidianamente da 65000 stimoli in più: stimoli quali inquinamento atmosferico e acustico, radiazioni, eccesso di informazione (le notizie poi per la maggior parte sono nere), problemi legati al traffico, impegni, fretta, responsabilità, scene violente (anche solo il vederle in tv).
Oggi urgono provvedimenti che attenuino lo stress eccessivo e lo mantengano entro quei limiti in cui esso è vantaggioso e fonte di energia. Ma per arrivare a questo bisogna avere le idee chiare su cosa sia in realtà lo stress.
Cosa è lo stress?
“Il concetto scientifico di stress ha avuto la fortuna di entrare nell’uso quotidiano, ma anche la sfortuna di essere interpretato molto male”. Così diceva nel 1980 Hans Selye, padre del concetto di stress, 40 anni dopo aver identificato e descritto tale fenomeno..
Infatti ormai la parola “stress” è diventata di uso comune, tanto da essere inserita nella lista delle 100 parole che hanno caratterizzato il ventesimo secolo.
Tuttavia spesso quando la adoperiamo, utilizziamo il termine “stress” soprattutto per riferirci ad una condizione negativa, di disagio, di tensione e affaticamento, e non la utilizziamo invece quando ad esempio ci sentiamo in gamba, soddisfatti del nostro lavoro e creativi, mentre sono anch’essi risultati dello stress. Infatti una piccola dose di stress è sempre utile per poter reagire al meglio al cambiamento.
Come detto sopra, il pioniere negli studi sullo stress è stato Hans Selye , biologo endocrinologo ungherese, che negli anni ’30 (1936) introdusse tale concetto definendolo come “la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, cui venga a esso sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso”.
Selye inoltre introdusse il concetto di “stressore” o “stressor”, cioè l’agente stressante, il fattore, l’evento, che attiva la reazione aspecifica dell’organismo e spinge quindi l’organismo all’adattamento.
Cosa avviene nel nostro organismo?
Il processo fisiologico che si attiva nella condizione di stress prevede la liberazione nel nostro organismo di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) e corticosteroidi (cortisolo).
Selye ha chiamato questi ormoni “adattivi” perché ci aiutano ad adattarci agli stressori; essi sono paragonabili all’olio che lubrifica il motore di una macchina, facendolo funzionare al meglio.
La sinergie dell’effetto di catecolamine e corticosteroidi concorre a caricare l’organismo nel migliore dei modi per far fronte agli agenti stressanti.
In particolare le catecolamine fanno si che il cuore acceleri la sua attività, fornendo più sangue al cervello e ai muscoli; le arterie e le vene sotto la cute si restringono e il tempo di coagulazione del sangue si abbrevia, allontanando il pericolo di un’emorragia profusa in caso di ferita; la respirazione diventa rapida e profonda, procurando più ossigeno; le mucose delle prime vie aeree si prosciugano, facilitando il tragitto dell’aria verso i polmoni; la sudorazione aumenta, rinfrescando il corpo; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi ad un’azione rapida e vigorosa; la mente diventa molto vigile, afferrando ogni minimo indizio e affinando tutte le capacità intellettive. Le funzioni che potrebbero assorbire energie e disturbare questo stato di allerta, funzioni come il mangiare e il digerire, sono invece rallentate e sospese. Tutte queste modificazioni dovute alle catecolamine sono di breve durata e cessato l’allarme si torna rapidamente ai livelli normali. I problemi iniziano quando l’allarme continua nel tempo e l’attivazione è eccessiva.
I corticosteroidi invece stimolano il fegato a liberare nel sangue più zucchero; nel sangue vengono pure rilasciati più grassi e più amminoacidi, componenti delle proteine. Tutte queste sostanze sono una ottima fonte di energia, ma la loro produzione eccessiva dovuta ad uno stress forte e prolungato diventa dannosa: troppo zucchero può portare ad uno stato simile a quello del diabete, troppi grassi possono far aumentare il colesterolo e troppi amminoacidi possono ridurre la massa muscolare, assottigliando la cute e diminuendo di volume i tessuti linfoidi, portando ad un indebolimento delle difese immunitarie.
Lo stress: una medaglia a due facce
È quindi evidente che lo stress è una medaglia a due facce: fino ad un certo livello, catecolamine e corticosteroidi danno tono all’organismo e alla psiche, preparando al lavoro e migliorando la qualità della vita: è lo stress benefico o “eustress”. Le ricerche dimostrano infatti che un grado ottimale di stress migliora lo stato di salute, rende meno sensibili alla monotonia e affina le capacità di attenzione, di concentrazione, di apprendimento, di memoria e di risoluzione creativa dei problemi. Lo stress quindi contenuto in determinati limiti è estremamente utile.
L’altra faccia della medaglia è che l’accumularsi di stimoli-stressori porta ad un’attivazione fisiologica e psichica eccessiva, imponendo all’organismo sforzi esagerati e innaturali; ciò porta dapprima ad un periodo di sopportazione-resistenza e più avanti ad un periodo di esaurimento, di logorio. Quando si entra in questa fase compaiono ansia, stanchezza, cefalea, tensione psichica e muscolare, e disturbi psicosomatici. Lo stato continuo di tensione, con l’azione protratta dei corticosteroidi, porta alla caduta delle difese immunitarie e quindi, col tempo, all’insorgenza di malattie: frequenti raffreddori e influenze, malattie infettive, gastriti e ulcere, ipertensione arteriosa, infarto cardiaco. A questo punto siamo quindi nella fase avanzata dello stress, quando i danni dello stress si manifestano con sintomi ben definiti e patologie specifiche.
In tutti questi casi quindi lo stress è qualcosa di nocivo ed è chiamato “distress”.
Quindi lo stress…
Quindi lo stress di per sé non è né positivo né negativo: l’organismo risponde praticamente in modo uguale agli eventi piacevoli o spiacevoli, esaltanti o deprimenti. Quasi sempre le vicende più belle della vita sono anche molto stressanti, cioè danno origine a un’imponente produzione di corticosteroidi e di catecolamine e quindi di energia che in questi casi belli della vita viene impiegata nell’amore, nell’entusiasmo, nell’ispirazione e nella creazione, nella gioia di un incontro e nell’esultanza per una vittoria.
Ma qual è allora la differenza tra l’esperienza di eustress e quella di distress?
Tutto deriva da come il soggetto vive la situazione.
Abbiamo quindi eustress se l’esperienza è voluta e abbiamo la sensazione di dominare l’ambiente. Abbiamo distress se l’esperienza non è voluta e sentiamo di non dominare l’ambiente, ma di esserne “vittime” e questo ci procura insicurezza e ansia.
La quantità di stress tollerata è soggettiva
Il grado ottimale di stimolazione varia da persona a persona: c’è quella che predilige una vita tranquilla e senza troppi cambiamenti e quello che invece a bisogno di una vita frizzante e con continui cambiamenti. Il compito di ognuno di noi è scoprire dove si trova la nostra zona di benessere personale e organizzarci la vita in modo conseguente.
Le persone più ansiose sono più predisposte a subire le situazioni stressanti rispetto alle persone più tranquille che riescono a gestirle e superarle meglio.
Perché un evento diventa stressante?
Ognuno percepisce e valuta un evento in modo diverso. È la persona stessa a valutare l’evento in modo negativo e quindi a farlo diventare uno stressore.
Il distress non dipende solo dall’accumularsi degli eventi ma anche da come li valutiamo, dal peso emotivo che hanno per noi. Gli eventi hanno a che fare con un individuo che gli investe di significati personali e che si batte per controllarli e vincerli.
Questa mediazione psicologica è fondamentale nell’esperienza di stress: ecco perché quanto è stressante per uno non lo è per un altro.
Lo psicologo Richard Lazarus ha studiato questa concezione e ha definito lo stress psicologico “il tipo particolare di rapporto tra, da un lato, la persona e, dall’altro, un ambiente che essa considera affaticante o superiore alle proprie risorse e nocivo al proprio benessere.”
Chi si espone di più agli stressori?
Molte persone, per loro inclinazione, sono portate ad esporsi ad un alto numero di stressori.
Tendono ad andare maggiormente incontro agli effetti nocivi dello stress le persone che:
– hanno un locus of control esterno, cioè percepiscono di non avere il controllo degli eventi, si sentono dominati dagli eventi, in balia degli eventi, vittime degli eventi, e si aspettano una soluzione dall’esterno invece che prendercene carico in prima persona;
– hanno una scarsa capacità di Monitoring, cioè di controllo attivo della realtà e di ricerca di informazioni sulla situazione stressante. Infatti il preavviso di uno stress può consentire alla persona di mantenersi psicologicamente salda;
– hanno una percezione di bassa auto-efficacia, cioè non hanno fiducia in se stessi e nelle proprie capacità di padroneggiare differenti generi di richieste ambientali;
– sono pessimisti;
– sono competitivi, aggressivi, impulsivi e costantemente affannati dalla paura di perdere tempo, essendo in perenne lotta con l’orologio.
Le idee irrazionali che favoriscono il distress:
– Tutto dovrebbe sempre andare come vorrei che andasse
– In qualsiasi occasione devo dimostrarmi competente, brillante ed encomiabile
– Devo essere amato ed elogiato da tutti, qualunque cosa faccia
– La gente deve trattarmi bene e con rispetto o va duramente punita
– Se qualcosa è minaccioso, devo sentirmi terribilmente preoccupato
– Ogni problema deve avere una soluzione ideale ed è orribile se non la trovo
Cosa fare per combattere lo stress nocivo
Quando abbiamo superato un certo grado di stress dovremmo fermarci e cambiare. Però non è utile né stare in completa inattività (può procurare ulteriore stress) né l’opposto. Fondamentale è identificare la propria zona di benessere personale: l’occupazione e il riposo devono essere alternati con il giusto ritmo e secondo bisogni soggettivi.
Il “fermarci e cambiare” non è facile però da mettere in pratica, poiché implica che dobbiamo mutare stile di vita: come si ha un ruolo attivo nel crearsi un eccesso di stress, si può avere un ruolo ugualmente attivo nel venirne fuori.
Il primo passo da affrontare per “cambiare” è quello di imparare a riconoscere le proprie cause di stress, per poi essere in grado di evitarle, o almeno di affrontarle in modo adeguato.
Consigli per ridurre il numero degli stressori:
- Interrompere il ritmo monotono del lavoro facendo delle pause, brevi stacchi nel corso della giornata;
- Stabilire una giornata della “salute mentale”: nel corso della settimana tenersi una giornata da riservare al vero riposo e al recupero delle energie; da tenersi sempre nello stesso giorno e dedicata ad attività piacevoli e distensive; “recupero significa scegliere di fare solo ciò che favorisce la nostra serenità e il nostro benessere” (Robin Norwood)
- Imparare a gestire il proprio tempo: porre delle priorità e pianificare gli impegni nel miglio modo possibile à far si che il tempo lavori per noi e non contro di noi à bilanciare il tempo per il lavoro e quello per il riposo e gli svaghi;
- Individuare la propria zona di benessere personale: adattare il ritmo di vita alla propria persona e dosare la frequenza dei grossi cambiamenti;
- Prendersi la responsabilità del proprio ritmo di vita e dei cambiamenti: siamo noi i responsabili del nostri ritmo di vita e del numero di cambiamenti realizzati in un determinato periodo;
- Non concentrare troppi cambiamenti nello stesso periodo;
- Stabilire degli obiettivi e definire le attività che interessano: seguire le proprie attitudini, i propri interessi, le proprie preferenze; diventare esperti nelle cose che piacciono e godersi le cose che riescono meglio à l’avere delle soddisfazioni aiuta la salute
- Cercare di correre il meno possibile: gestire bene il tempo e non farsi travolgere dallo stesso;
- Controllare la dieta: una buona dieta aiuta a vivere meglio; spesso sono le abitudini alimentari che contribuiscono al distress; la dieta deve: 1) essere equilibrata e con pasti regolari; 2) ridurre l’introduzione di grassi animali e di zuccheri raffinati; 3) eliminare o ridurre l’assunzione di caffè e altri stimolanti, e di alcolici; 4) integrare l’alimentazione con vitamine.
L’aiuto di un esperto
A volte la persona da sola non è in grado di identificare e ridurre i propri stressori e diventa essenziale l’aiuto di uno psicoterapeuta.
Con un percorso di psicoterapia la persona:
– si avvia sulla strada per diventare terapeuta di se stessa e quindi in grado, prima, di identificare i propri stressori e, poi, di agire per evitarli, ridurli o adattarli a sé;
– arriva a cambiare il proprio modo di vedere e quindi affrontare le situazioni;
– si sperimenta nel riconoscere e nell’esprimere i propri sentimenti, evitando così di danneggiarsi tenendoseli dentro
– attraverso la catarsi può scaricare immediatamente le tensioni emotive;
– acquisisce maggiore sicurezza in se stessa divenendo meno vulnerabile di fronte a determinate vicende e più efficace nel risolvere i problemi.
Inoltre può essere utile imparare una tecnica di rilassamento, come ad esempio il Training Autogeno, per diminuire l’eccessiva attivazione psico-organica.
Le tecniche di rilassamento sono tecniche che, una volta apprese, la persona può impiegare da sola. Per queste tecniche è fondamentale l’allenamento: per apprendere la tecnica è necessario ripetere più volte determinate operazioni e quindi risulta indispensabile essere profondamente motivati.